Il Lupanare è un postribolo scoperto a Pompei nel 1862. Costituito da tre ingressi e due piani: piano inferiore con cinque cellette nelle quali sono presenti letti in muratura e una latrina; il piano superiore caratterizzato da altre stanzette a cui si accede grazie ad una scala con ingresso sul vicolo. I 36 graffiti ritrovati sulle pareti del piano inferiore hanno confermato l’uso dell’edificio. Le prostitute erano schiave greche e orientali, il costo si aggirava intorno ai due e otto assi. Le stanze erano chiuse da una tenda e sulle pareti sono presenti i quadretti con raffigurazioni erotiche.

Perchè si chiama Lupanare?
I Romani avevano diversi nomi per indicare le donne di facili costumi. I termini più comuni erano meretrix e lupa. Il primo derivante dal verbo merere, implica il guadagno ottenuto attraverso una prestazione d’opera. Meretrix, comunque non sembra indicare una prostituta qualunque, bensì una cortigiana, esperta, oltre che di arti amorose, anche di musica, danza e canto. Lupa, al contrario, è la prostituta di infima categoria: da qui il nome lupanare. Esistevano anche la fornicatrix, colei che si prostituiva sotto i ponti (fornices); la bustuaria, colei che si prostituiva presso i cimiteri, ove erano i busti in marmo dei defunti; la circulatrix, passeggiatrice, che doveva vagare alla ricerca di possibili clienti ecc.
“Il lavoro più antico del mondo”
La condizione di coloro che esercitavano la prostituzione era caratterizzata da forme significative di emarginazione, sul piano e sociale e giuridico.
Le prostitute erano escluse da ogni carica politica e dalla partecipazione a organi assembleari o giudicanti, non potevano sposare ingenui, non potevano accedere a gran parte del templi.
Anche il vestiario distingueva le prostitute. A loro era riservata la muliebris toga, che doveva essere di colore scuro. Come ricorda Seneca, potevano però indossare abiti dai colori sgargianti.
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Riferimenti bibliografici e link
Pompei è viva. Eva Cantarella, Luciana Jacobelli. Feltrinelli. 2006
Nella Pompei a luci rosse Castrensis e l’organizzazione della prostituzione e dei suoi spazi. Andrea Varone. Rivista di studi Pompeiani XVI. 2005
Ex corpore lucrum facere. La prostituzione nell’antica Pompei. Pietro Giovanni Guzzo, Vincenzo Scarano Ussani. L’Erma di Bretschneider.
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