Il Carnevale a Napoli inizia con “i cippi” di Sant’Antonio, in passato sui falò si mostrava la maschera di Carnevale con la pipa in bocca che bruciava tra il delirio e il baccano degli scugnizzzi. Il simbolo del Carnevale per gli “scugnizzi” è la “A Vecchia ‘O Carnevale” pupazzo fatto in casa che rappresenta una vecchia con un giovane corpo e una grossa gobba sulla quale torreggia Pulcinella.
Anticamente la plebe apriva i tornei carnevaleschi, i lazzari erano i primi che accompagnati dal tamburo e mascherati giravano per le strade ballando e cantando.
Le prime notizie del carnevale ci giungono nel XVI secolo nelle opere di Giovan Battista Del Tufo. La festa era riservata ai nobili, si praticava la caccia al toro, c’era l’uso del lancio delle uova colorate, si costruivano le giostre. Si spendevano 100.000 ducati l’anno e si organizzavano maschere tanto imponenti che principi e regnanti cercavano di farsi ospitare alla corte aragonese per godere il carnevale in città.
Il secolo successivo diventò la festa del popolo con maschere popolari, esibizioni in canti carnevaleschi dialogati che non erano altro che canovacci di commedie popolari, tramutatasi in canzoni come la storia di Zeza. Le Corporazioni delle Arti Suddite, pescivendoli, macellai e via dicendo presero in mano l’organizzazione del Carnevale e vollero celebrarlo a modo loro, gareggiando con l’aristocrazie in mascherate, a volte volgare e oscene. I carri che sfilavano su Via Toledo erano decorati anche con cibo e spesso venivano saccheggiati.
Tra i vari carnevali si ricorda quello del 1692 durante il quale ci fu un ospite d’onore: un elefante fu portato nel Palazzo Spinelli di Tarsia per uno spettacolo a pagamento.
Con i Borbone le feste furono grandiose parteciparono numerosi viaggiatori tra cui Goethe che preferì il carnevale napoletano a quella romano essendo il primo pieno di imprevisti e sorprese.
I carri venivano realizzati per lo più dai nobili, la festa era annunciata con le trombe chiamate “Tofe”, per le strade venivano lanciate palline di gesso. Diversi alberi della Cuccagna furono costruiti nelle principali piazze. Nel Teatro San Carlo l’alta borghesia partecipava al gran ballo e ogni palco era allestito per cenare a lume di candela. Per le strade invece il Teatrino all’aperto, il San Carlino, dove erano rappresentate le commedie i Pulcinella mentre si estraevano tombole ambulanti.
Oggi a Napoli delle vecchie usanze è rimasto ben poco e il Carnevale sopravvive principalmente solo grazie ai bambini.
V.Gleijesis. Piccola Storia del Carnevale. Marotta.